L’ “usanza” della voce di petto

C’è un documentario che è noto a tutti i melomani. Si tratta di Opera fanatic (1999), diretto da Jan Schmidt-Garre. Guidato da Stefan Zucker, il cui cognome prelude alla sua voce zuccherina, lo spettatore viene condotto nelle case di alcune celebri dive degli anni Cinquanta. Il viaggio offre un repertorio di caratteri e situazioni (dall’esuberante Barbieri, all’incontentabile Pobbe, alla deliziosa e irresistibile Gavazzi, passando per l’imbalsamata Adami Corradetti). Le dive fanno le dive e la conversazione raramente travalica i confini del ricordo personale e dell’autocelebrazione.

C’è tuttavia una questione di tecnica vocale cara a Zucker, il quale la ripropone più volte. Si tratta (parole sue) dell’«usanza della voce di petto» (espressione che non riesco a leggere nella mente se non in falsetto e con accento americano tendente al tedesco). Ecco alcune risposte:

ᴍᴀʀᴄᴇʟʟᴀ ᴘᴏʙʙᴇ: «Non so cosa vuol dire la voce di petto.»
sᴛᴇғᴀɴ ᴢᴜᴄᴋᴇʀ: «Dovrebbe un cantante servirsi…?»
ᴍᴀʀᴄᴇʟʟᴀ ᴘᴏʙʙᴇ: «No… Se c’è una cosa naturale, sì. Se viene… Ci sono quelle cantanti — specie del secolo scorso — che hanno studiato in una chiave che dicono di petto. Ma perché era l’epoca che (sic!) loro studiavano così. Ma io non so neanche cosa vuol dire una voce, un’emissione di petto.»
ɢɪᴜʟɪᴇᴛᴛᴀ sɪᴍɪᴏɴᴀᴛᴏ: «Non esiste voce di petto. Sfido chiunque a dirmi che esiste una voce di petto.»
sᴛᴇғᴀɴ ᴢᴜᴄᴋᴇʀ: «Beh, risonanza di petto…»
ɢɪᴜʟɪᴇᴛᴛᴀ sɪᴍɪᴏɴᴀᴛᴏ: «Beh, no, no. Una risonanza… Una risonanza non è una risonanza di petto. Perché… Se Lei, per esempio, mi fa un suono, per esempio [fa esempio]. Questo è di petto perché è qui [indica il petto]. Invece [altro esempio], questo è in maschera. Quello è giusto [indicando il volto], questo no [indicando il petto].»
sᴛᴇғᴀɴ ᴢᴜᴄᴋᴇʀ: «Dovrebbe un cantante servirsi della voce di petto?»
ғᴇᴅᴏʀᴀ ʙᴀʀʙɪᴇʀɪ: «No! Non deve mai! Eh, la voce di petto… Viene una voce sforzata. Non è più una voce naturale! Quando si fa [fa esempio]: è sul fiato. Invece tanti fanno [altro esempio]: questo è voce di petto. [seguono versi esprimenti dissenso]»
sᴛᴇғᴀɴ ᴢᴜᴄᴋᴇʀ: «Allora…»
ғᴇᴅᴏʀᴀ ʙᴀʀʙɪᴇʀɪ: « [facendo no con il dito] No gut!»
[Pausa]
sᴛᴇғᴀɴ ᴢᴜᴄᴋᴇʀ: «Nel Falstaff Lei non ha mai usato la voce di petto. La Quickly…»
ғᴇᴅᴏʀᴀ ʙᴀʀʙɪᴇʀɪ: «Mai… [cantando] “Re-ve-reeeee-e-eeeeeeen-za!”. Questa non è voce di petto. È voce sul sostegno del fiato.»

Queste prime tre signore sembrano condividere un’idea simile di “voce di petto”. La Pobbe — pur facendo riferimento a delle non meglio identificate cantanti ottocentesche che avevano studiato in una chiave di petto — si professa socratica e ammette di non sapere. La Simionato e la Barbieri, invece, intendono l’espressione “voce di petto” in senso letterale, ossia come di una voce che sta nel petto, opposta alla voce in maschera. Gli esempi che fanno sono abbastanza significativi e, come direbbe la Simionato, sfido chiunque ad approvare la voce di petto, se è così come loro la intendono.

Poi arriva quel genio della Gencer…

sᴛᴇғᴀɴ ᴢᴜᴄᴋᴇʀ: «Erano tutti contro l’usanza della voce di petto.»
ʟᴇʏʟᴀ ɢᴇɴᴄᴇʀ : «Proprio loro?»
sᴛᴇғᴀɴ ᴢᴜᴄᴋᴇʀ: «Sì.»
ʟᴇʏʟᴀ ɢᴇɴᴄᴇʀ : «Proprio loro che per tutta la vita hanno usato la voce di petto.»
sᴛᴇғᴀɴ ᴢᴜᴄᴋᴇʀ: « [ridendo] Per esempio… Loro tutte ci hanno mostrato degli esempi… E hanno sempre evitato l’usanza della voce di petto.»
ʟᴇʏʟᴀ ɢᴇɴᴄᴇʀ : «Loro?»
sᴛᴇғᴀɴ ᴢᴜᴄᴋᴇʀ: «Loro.»
[Pausa]
ʟᴇʏʟᴀ ɢᴇɴᴄᴇʀ : «Beh, si vede che hanno la memoria corta.»
sᴛᴇғᴀɴ ᴢᴜᴄᴋᴇʀ: «[scoppiando a ridere] Lei trova…»
ʟᴇʏʟᴀ ɢᴇɴᴄᴇʀ : «Ma se la Quickly della Barbieri è ancora adesso tutta di petto.»
sᴛᴇғᴀɴ ᴢᴜᴄᴋᴇʀ: «Dice di no.»
ʟᴇʏʟᴀ ɢᴇɴᴄᴇʀ : «Come di no?»
sᴛᴇғᴀɴ ᴢᴜᴄᴋᴇʀ: «Per esempio, ci ha cantato anche una parte della Quickly senza voce di petto…»
ʟᴇʏʟᴀ ɢᴇɴᴄᴇʀ : «Mah, adesso abbiamo detto la Barbieri, perché l’ha nominata Lei (è una carissima amica ed è una grande cantante). Ma… Se Lei sente la voce della Barbieri anche nella Norma , Lei esattamente vedrà che tra la parte bassa, la tessitura bassa e la tessitura alta c’è un salto di cambiamento di colore, molto evidente. Non è che si passa da un passaggio all’altro senza che uno se ne accorga, voglio dire. È talmente evidente che lei faceva le note di petto e poi, improvvisamente, sbiancava la voce e andava sull’acuto. Tutti i contralti. L’hanno sempre fatto! È una cosa naturalissima.»

Qui sorge un problema. O la Gencer considera buona un’emissione ritenuta errata dalle altre oppure — e questo è il mio parere — intende per “voce di petto” qualcosa di diverso da quello che intendono loro.

Il principio fondamentale del fare scienza, ossia della ricerca che distingue il vero dal falso, è il principio di non contraddizione: «È impossibile che lo stesso attributo appartenga e non appartenga allo stesso soggetto nello stesso tempo e sotto lo stesso aspetto».¹ Ciò significa che un discorso che vuole affermare qualcosa deve necessariamente tenere fermo il proprio oggetto. Se ci domandiamo “è giusto usare la voce di petto?” e non abbiamo prima stabilito con certezza cosa si intende con voce di petto, allora non può darsi conoscenza, non può darsi una risposta unica e definitiva. 5+7 fa 12, non c’è alcun dubbio. Ma se io intendo il 7 come 6, allora 5+7 fa 11. E avrei ragione. Se il ragionamento conduce a risposte contraddittorie, significa che o il ragionamento è condotto in maniera errata o gli elementi del ragionamento non sono definiti chiaramente.

Dunque, le quattro signore intervistate possono avere tutte ragione, perché intendono diversamente l’oggetto della domanda. La Gencer dice che la Barbieri è una grande cantante e (non “ma”) che fa ampio uso della voce di petto. È chiaro che intende la voce di petto come un tipo di emissione corretto e non scorretto, come invece lo intende la Barbieri («no gut!»).

¹ Aristotele, Metafisica, p. 137 (IV (Gamma), 1005b 19-20).

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